Italo Tomassoni

Ipermanierismo
Flash Art n. 118, febbraio 1984
Nel 1972 Ubaldo Bartolini ha dipinto un piccolo paesaggio sulla superficie delle setole di una pennellessa. Una casa con il tetto rosso, il cielo azzurro con la nuvola bianca, un prato verde smeraldo e terra di siena. Stereotipo figurativo complicato dalle modalità della esecuzione essendo dipinto con il pennello su un pennello.
Questo tipo di operazione non appartiene alla pittura ma si inscrive piuttosto nello spazio e nell'orizzonte del dipingere. Il dipingere conclude e supera la pittura che rispetto al dipingere si rivela una vicenda definita anche se non cancellata. La pittura è portatrice di verità ed è pensiero, linguaggio, metafisica, logica; il dipingere è esercizio, critica, lavoro sui segni della pittura. La conseguenza è che nulla come il quadro (che rinvia ad una totalità conclusa, ad un significato) è così profondamente estraneo al dipingere: l'autore che lavora è un segno del sistema che solo dipingendo è dipinto. Il dipingere è la sparizione del pittore all'opera nei segni della pittura.
Questo lavoro sul linguaggio ha avuto un suo momento di tipicità ed è caratteristico anche di altri artisti degli anni ‘70. Paolini e Mariani anzitutto. Campioni dell'artista come modello e dell'artista come opera. Bartolini non ha fatto mai ricorso alla tecnica dell'avvicinamento, della citazione o della copia ma ha preferito lavorare sull'allontanamento. Ciò dimostra che il lavoro si sviluppa all'interno di un campo che assume tra i vari segni un segno privilegiato e centrale: la memoria.
La memoria è un segno di lontananza. Può anche dimenticare il dipingere e recuperare la pittura. Husserl descrive il ricordo di una visita alla galleria di Dresda ed in particolare un quadro raffigurante una galleria di quadri ed immagina che i quadri di questa galleria rappresentino a loro volta dei quadri recanti messaggi decifrabili, ecc. Una pittura così concepita vive sulla distanza; essa non sarà mai una totalità conclusa, una verità autonoma; si inscriverà invece sullo smisurato microcosmo del simulacro, del fantasma, della rappresentazione, del doppio. Questa pittura sarà portatrice di una vita sfuggente che sopravvive a qualunque morte dell'arte. Questa pittura, questo quadro risultano dipinti da quella pittura e da quel quadro che la profondità della memoria consente di presentare, cioè di riportare al presente. Il secondo fattore è dunque l'attraversamento della storia, il tempo. Come indicano le lancette di un orologio il tempo lavora sullo spostamento e sulla ripetizione. Ripetizione spostata è anche la segnatura del lavoro di Bartolini. Il ricordo divenuto immagine si contrae, entra in combinazione con il presente. A questo punto del movimento la profondità non si fonda più sulla intensità della memoria ma sullo scavo intensivo degli strati d'immagine, sull'accumulo di materiale selezionato nella direzione del filone elettivo e sulla sua capacità di allontanamento. Nasce l'Ipermaniera. L'ipermanierista tende ad eccettuarsi. Non sta più nel testo; si muove lungo le faglie determinate dai movimenti di contrazione/dilatazione. All'interno del rapporto d'immagine con il presente l'Ipermaniera è un pensiero critico che entra in relazione con le grammatiche generali ma rifiuta il presente che viene imposto dal gadgets e dai media i quali sono privi di memoria e ostili alla memoria. La storia dell'arte è invece una grande memoria, un universo al quale ogni opera appartiene non nella sua individualità ma in quanto parte che defluisce nel tutto, che si scioglie e si confonde nel suo grande corpo. In questa prospettiva il ricordo garantisce l'operazione dell'artista ma l'opera si dà come estranea alla memoria. Così nessuna opera possiede più una sua individualità precisa, non è più un sistema chiuso. L'Arte è una sola unica Arte cui ogni opera appartiene insieme ad ogni artista; e la memoria evoca non il ricordo di un oggetto ma il fantasma che affiora dalle viscere della pittura. Il pittore solidifica l'ombra e la restituisce allo sguardo. Così ogni opera d'arte conduce fuori dell'Arte. Ma ogni opera d'arte istiga e spinge il ritorno nell'arte. I paesaggi di Bartolini non narrano un fatto ma provano una condizione. L'artista da un lato ricorda, dunque accumula linguaggi; dall'altro tende a staccarsene e ad entrare in combinazione con il mondo. I suoi quadri sono il risultato di questo doppio movimento. In entrambi i tempi l'artista non è esterno al movimento (infatti non procede per analisi) ma fa parte di esso. Per questo Bartolini non "narra" ma resiste alla propria sparizione nel segno della pittura che vuole invalidare: resistenza che però egli può mettere in pratica solo attraverso il dipingere. Spirale paradossale. Ipermaniera, l'unica maniera possibile.