Laura Cherubini

Dal cat. della mostra “Castelli in aria”, Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Repubblica di San Marino, 1992
All'inizio c'è Corot, per Ubaldo Bartolini. "Tutto è cominciato un giorno a Macerata, avevo davanti agli occhi un calendario che riproduceva il quadro di Corot, Prime foglie nei dintorni di Nantes, in quel momento ho capito che mi ero 'ammalato'." dichiara Bartolini che considera l'arte una malattia e delle malattie, come della follia, Bartolini ha paura. Il punto di partenza è dunque il paysage-portrait di Corot, il ritratto di un luogo, in cui il colore è elemento portante della costruzione la cui sostanza è la luce. Andando a ritroso è forse con il paesaggio percorso da fremiti di Gaspard Dughet, il 'Maestro della betulla', che i primi paesaggi di Ubaldo Bartolini presentano affinità. Come già in Dughet e in Corot quei paesaggi coniugano natura e storia, istituendo un'analogia tra gli elementi vegetali e le architetture che portano i segni dei tempi, facendo sfumare gli uni nelle altre. Poi, come nota Calvesi, abolito dalle avanguardie storiche il paesaggio diventerà kitsch, finendo sulla cartoline, sulle scatole di cioccolatini e sui calendari. E proprio da un calendario abbiamo visto partire la vocazione paesaggistica di Bartolini. All'inizio, nella concettuale esibizione di strumenti della pittura come struttura stessa dell'opera, il giovane artista segue una strada che Calvesi ricorda tracciata da Johns, Arman, Paolini, ma direi anche da Jim Dine. Solo che sul pennello c'è dipinto un paesaggio, secondo il paradosso di uno strumento che riceve l'immagine (Apa). L'idea del paesaggio è già presente dunque nel Bartolini concettuale. Nei più recenti paesaggi l'architettura viene quasi espulsa dal quadro, mentre si intensifica lo studio del fenomeno atmosfera, il mezzo diafano che colma la distanza, nell'iperbole suggerita dalle minuscole e sperdute figure che abitano il paesaggio.